COSE DA VEDERE

A spasso nel medioevo: la Torre Troyana di Asti, la più alta del capoluogo

ASTI. Le torri medievali, con il loro slancio verticale, rappresentano uno dei segni architettonici più caratteristici della città di Asti.  

Delle oltre 120 torri che connotavano il paesaggio urbano di Asti nel Medioevo, ne sopravvive oggi una dozzina, tutte riconoscibili nella loro fisionomia originaria, oltre a quelle di cui si possono rintracciare i resti inglobati in edifici, come la torre di palazzo Alfieri.

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Asti turrita, affresco in Palazzo Mazzetti – ph Paolo Barosso.

La maggior parte delle torri non è giunta fino a noi a causa essenzialmente di due fattori: gli abbassamenti, che venivano di prassi imposti come misure punitive a carico delle fazioni politiche perdenti nelle lotte per il potere, e i pesanti rimaneggiamenti operati nel quadro del rinnovamento architettonico moderno della città avvenuto a partire dal XVI secolo e fino all’Ottocento.

L’aspetto di Asti come città turrita, pur iniziando a prendere forma già in precedenza, si manifestò in modo particolare nel corso del XIII secolo, il periodo di maggior splendore per le famiglie del patriziato che, dopo aver accumulato ricchezze con l’esercizio dei commerci, a un certo punto ebbero l’intuizione di reimpiegare le loro fortune entrando nel settore assai redditizio del credito su pegno, fondando “casane” (banchi di cambia-valute e per il prestito di denaro su pegno) in vari Stati d’Europa e divenendo prestatori di denaro al servizio di dinastie regnanti (i Solaro furono in rapporti finanziari con i duchi di Borgogna, i Pelletta con i Savoia, i Malabayla furono attivi alla corte pontificia di Avignone, i Troya in Germania, gli Asinari e gli Alfieri in Svizzera).

La costruzione delle torri accanto alle caseforti cittadine, residenze delle famiglie di casanieri astigiani, divenne quindi uno strumento di affermazione del potere e del prestigio sociale, reso evidente dal particolare riguardo riservato agli aspetti ornamentali e coloristici più che a quelli difensivi (tipicamente astigiana è l’alternanza, nella decorazioni, di cotto e arenaria), ma che risulta collegato soprattutto al notevole sviluppo in altezza di questi peculiari edifici.

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Veduta della Torre Troyana, detta anche dell’Orologio – ph Paolo Barosso.

Proprio per porre un freno alla tendenza a costruire torri sempre più alte, gli Statuti comunali si videro costretti, a un certo punto, a prescrivere per le torri di nuova edificazione un’altezza massima non superiore a quella delle torri dei Bertramenghi e degli Scarampi (quest’ultima di 36 metri, oggi scomparsa). Le famiglie astigiane non sempre si adeguarono alla nuova disposizione statutaria, ma in alcuni casi, come opzione alternativa allo sviluppo verticale, provvidero ad allargare la base delle torri per conferire loro un aspetto più solido e possente. 

Le torri, che avevano una funzione anche difensiva nel quadro delle lotte tra fazioni rivali in seno al patriziato cittadino, erano quindi espressione di benessere economico, garanzia di sicurezza e di protezione, e segno tangibile della posizione raggiunta dalla famiglia nel tessuto sociale.

Tra le torri astigiane rimaste integre, spicca, nell’attuale piazza Medici, gradevole spazio urbano riplasmato nel primo Novecento, la torre Troyana, detta anche dell’Orologio, che è la torre più alta di Asti fra quelle sopravvissute, raggiungendo i 44 metri con 199 scalini.

Divenuta di proprietà della potente famiglia Troya alla metà del Duecento, insieme con il palazzo che un tempo la affiancava, la torre venne sopraelevata di tre piani, scanditi da cornici marcapiano in pietra e da eleganti bifore. Provvista di un triplice coronamento di archetti pensili, realizzati in cotto e in arenaria, che costituisce un motivo ornamentale ricorrente nell’architettura fortificata astigiana e monferrina, la torre appare coronata da una merlatura che è oggi sormontata da un tettuccio con pinnacolo in metallo collocato con lo scopo di proteggere dalle intemperie gli ingranaggi dell’orologio installato nel XV secolo e ancora funzionante.

Coinvolta nell’aspra contesa che, nei primi del Trecento, contrappose la fazione ghibellina guidata dai De Castello alla compagine guelfa con a capo i Solaro, di cui i Troya erano alleati, la famiglia, seguendo il destino della parte sconfitta (quella guelfa), si vide confiscare i beni e cacciare dalla città, anche se la misura punitiva fu solo temporanea perché, nel volgere di poco più di un anno, poté rientrare e riprendere possesso degli immobili di cui era stata spogliata.

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Durante la dominazione orleanese sulla contea di Asti, iniziata nel 1387 con il matrimonio di Valentina Visconti, che portava in dote per decisione paterna la città e il suo territorio al duca di Orléans, fratello del re di Francia Carlo VI, nell’antico palazzo che era stato dei Troya venne insediato il Governatore, mutando quindi la denominazione in “palazzo Ducale (in riferimento ai duchi di Orléans)” o “palazzo del Governatore”. 

Nel 1560, ormai estinta la famiglia Troya e dopo l’acquisizione ai domini sabaudi della contea di Asti, donata nel 1531 dall’imperatore Carlo V a Beatrice del Portogallo, moglie di Carlo II di Savoia, la torre Troyana passò al duca di Savoia Emanuele Filiberto che la concesse definitivamente in uso al comune di Asti. Il consiglio municipale la destinò alla funzione pubblica di battere le ore (scandendo le fasi salienti della quotidianità, come la chiusura delle botteghe e la ritirata per la notte), che veniva egregiamente svolta da una grande campana, risalente al 1531 e ancora oggi collocata alla cima delle torre.

La campana della torre Troyana è considerata la più antica del Piemonte, fra quelle ancora in uso per scandire le ore della giornata, perché quella conservata nella chiesa di San Giorgio a Chieri, ancora più antica perché realizzata intorno alla metà del Quattrocento, non è più in attività ed è esposta al pubblico in uno spazio interno all’edificio.

Paolo Barosso

Giornalista pubblicista, laureato in giurisprudenza, si occupa da anni di uffici stampa legati al settore culturale e all’ambito dell’enogastronomia. Collabora e ha collaborato, scrivendo di curiosità storiche e culturali legate al Piemonte, con testate e siti internet tra cui piemontenews.it, torinocuriosa.it e Il Torinese, oltre che con il mensile cartaceo “Panorami”. Sul blog kiteinnepal cura una rubrica dedicata al Piemonte che viene tradotta in lingua piemontese ed è tra i promotori del progetto piemonteis.org.

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