CURIOSITA'

La tradizionale Via Crucis di Mongardino e le tredici cappelle costruite nel Settecento

MONGARDINO. In tema di Via Crucis, anche nell’insieme si tratta di una realizzazione di tono minore, Mongardino (At) ha saputo far propria la lezione dei sacri monti, utilizzando la simbiosi tra pittura e scultura per raccontare la Passione di Cristo. Le cappelle, tredici, sono collocate tra i colli astigiani in una posizione di notevole fascino paesaggistico; il modello architettonico è semplice, ma s’innesta senza attriti nell’ambiente, oggi antropizzato e amalgamato ad alcune strutture abitative. I piccoli edifici furono realizzati a partire dal 1739 e disposti ad anello sul colle.

All’interno di ognuna vi sono statue di gesso e scagliola, alcune in pessimo stato, che riproducono alcuni episodi della Passione di Cristo fino all’arrivo al Calvario; la cripta della chiesa di Sant’Antonio corrisponderebbe alla quattordicesima cappella. Le preesistenti statue in cotto, molte delle quali realizzate da don Giuseppe Tagliano, sono andate perdute, a esclusione di alcune che si trovano all’interno della chiesa di Sant’Antonio.

Le quattro cappelle che si trovano all’inizio del percorso, risultano preliminari al ciclo passionale e sono dedicate alle Anime del Purgatorio, alla Natività, all’Ultima Cena e a Gesù nell’orto del Getsemani.

La disposizione intorno al colle Sant’Antonio di questi edifici consacrati al culto, sacralizzò e determinò un repentino cambiamento di fisionomia del sito. Infatti, quest’area, nel 1706, venne utilizzata per realizzare una struttura difensiva, resasi necessaria per difendere la località dalle azioni belliche francesi, in quel tempo impegnate nell’assedio di Torino.

In seguito tutta l’area fu affidata a don Tagliano che, a partire dal 1730, volle convertire la funzione di quel luogo: si fece così via via sempre più forte l’idea di una Via Crucis da adagiare sul perimetro circolare del trincerone che cingeva il colle.

All’impresa parteciparono artigiani e artisti rimasti anonimi, che certamente subirono l’influenza dell’arte più aulica caratterizzante i sacri monti alpini e prealpini, divenuti una sorta di archetipo per numerosi percorsi devozionali realizzati tra XVI e XVIII secolo.

Nel corso del XIX secolo, la Via Crucis di Mongardino subì un notevole degrado e solo dall’inizio del Novecento furono attuati i necessari interventi di restauro. Le nuove statue in gesso e scagliola, un’ottantina, misurano circa un metro di altezza e furono donate dall’Istituto Salesiano di Torino. 

Anche se le statue policrome risultano fortemente scrostate e segnate dagli assalti del tempo, alcuni complessi plastici conservano ancora tutta la spontaneità del primitivo progetto evocativo: di grande fascino, per esempio, la cappella dell’Ultima cena, in cui la differenza tra gli apostoli è scandita da una semplice ma robusta impostazione classificatoria, che ne accentua il legame con la tradizione evangelica. Ormai molto deperiti i fondali dipinti, in alcuni casi la scenografia è vitalizzata dalla presenza di materiali contadini, semplici, ma che ben si adattano alle necessità rappresentative. Emblematica la cappella della Natività, in cui predomina il legno lavorato secondo un’impostazione che crea un continuum tra l’interno e il mondo esterno, dove il legno era un materiale necessario per il lavoro in campagna.

L’opera di salvaguardia ebbe anche il ruolo di variare l’aspetto primitivo del complesso; inoltre furono anche sostituite le statue con altre nuove e ogni cappella fu affidata a una famiglia del paese perché provvedesse al mantenimento.

Ulteriori interventi alle soglie degli anni Quaranta del Novecento e altri in tempi recenti, hanno salvaguardato il complesso di Mongardino dal degrado, mantenendo viva una testimonianza di fede e di cultura che meriterebbe maggiore attenzione dal punto di vista turistico.

Massimo Centini

Massimo Centini

Classe 1955, laureato in Antropologia Culturale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. Ha lavorato a contratto con Università e Musei italiani e stranieri. Tra le attività più recenti: al Museo di Scienze Naturali di Bergamo; ha insegnato Antropologia Culturale all’Istituto di design di Bolzano. Docente di Antropologia culturale presso la Fondazione Università Popolare di Torino e al MUA (Movimento Universitario Altoatesino) di Bolzano. Numerosi i suoi libri pubblicati in italiano e in varie lingue.

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