STORIE DA RACCONTARE

Quella volta che a Torino Louis Armstrong ammaliò gli appassionati di jazz…

I concerti torinesi del gennaio 1935 di Louis Armstrong furono un evento eccezionale per l’Italia, in quanto fu l’unica occasione per assistere ad un’esibizione dell’autentico ambasciatore mondiale del jazz nel nostro territorio durante il Ventennio fascista. La notizia apparve sulla sesta pagina de La Stampa del 12 gennaio. Il quotidiano torinese metteva in risalto in quei giorni due avvenimenti esteri, il plebiscito con il quale la Germania di Hitler annesse il territorio della Saar e il processo contro Bruno Hauptmann, accusato di essere l’omicida del bambino di Charles Lindbergh.

Torino, oltre ai concerti di Armstrong, offriva ai suoi cittadini un ventaglio notevole di intrattenimenti, dal dramma lirico “Werther” di Jules Messenet con Tito Schipa al Regio alla commedia “Tin-Ti-Fa” della Compagnia Marcellini all’Odeon, dalla “Felicità” di Mazzoletti al Teatro Alfieri alla serata di beneficenza al Rossini per la Pia Opera Spazzacamini, mentre nei cinematografi venivano proiettati, fra gli altri, “Figli di lusso” di Cronwell, “Tramonto” di Burton, “Cappuccetto Rosso” di Disney.

Armstrong suona davanti alla sede Rai di Torino (Foto Archivio Gazzetta del Popolo)

Perché proprio un concerto di Armstrong a Torino? Un caso? No, non fu un caso. La città della Mole è geograficamente, fra le italiane, la più vicina a Parigi. Sotto la Tour Eiffel la musica afroamericana, grazie all’intraprendenza di Sydney Bechet, era arrivata al termine della Grande Guerra, e aveva entusiasmato per la sua musica estremamente comunicativa, assolutamente nuova. Alcuni giovani piemontesi la ascoltarono e se innamorarono a prima vista. Fra questi un ruolo fondamentale ebbe Alfredo Antonino, di professione grossista di macchine da scrivere e di vocazione affabulatore di jazz, che riuscì a portare letteralmente in riva al Po oltre un centinaio di 78 giri, prima ai Canottieri Caprera e poi in pianta stabile in un caffè di Corso Crimea dove impartiva lezioni di storia del jazz con relativo ascolto guidato.

Un altro personaggio a cui Torino deve molto per la sua primogenitura italiana del jazz fu Angelo Cinico, un valente violinista classico di Crescentino, di quel nastro vercellese del fiume Po terra di fenomenali musicisti, un nome fra tutti Giovanni Battista Viotti, sublime violinista e compositore barocco nativo di Fontanetto Po. Cinico già all’inizio degli anni Venti imboccò la strada per Damasco, sposò appena ventenne la nuova musica afroamericana, con la quale si cimentò alla Sala Gay, cambiò il nome in Cinico Angelini, andò in America per perfezionare la sua tecnica, e tornato a Torino divenne il leader di un’orchestra di valore, nella quale spiccava il clarinetto di Gino Carcassola e la voce di Vittorio Belleli.

Il giornalista Angelo Nizza

Frattanto ebbe un grande successo al Cinema Ghersi  nel 1929 la prima pellicola sonora della storia del cinema. Si tratta di “Il cantante di jazz” girato nel 1927. Il regista è Alan Crosland ed è tratto dall’omonima pièce teatrale di Samson Raphaelson.  La trama, in sintesi, è nota: il figlio di un ebreo ha la passione per il jazz e tenta la fortuna truccandosi da nero. E, ancora, arrivò la star indiscussa della musica afroamericana. All’Alfieri calcò il palcoscenico la cantante e ballerina Josephine Baker con i cuoi costumi succinti, l’ironia provocante del gonnellino da cui svolazzavano banane, una pantera sinuosa, una voce estremamente comunicativa.

La strada verso il jazz venne preparata da un articolo di Angelo Nizza comparso sempre alla sesta pagina sotto la rubrica “Radio-Stampa” dal titolo “Armstrong in Italia” il 24 febbraio 1934. Nizza era al corrente dei contatti di Alfredo Antonino, che intanto aveva appena aperto il primo Jazz Hot in Italia, con il musicista di New Orleans per farlo venire a suonare a Torino durante la sua prossima tournée europea, cosa che si sarebbe concretizzata al Teatro Chiarella nel Gennaio 1935. Nizza esaltò il ruolo primario del cuore e del sentimento del singer, che ebbe, sempre secondo il giornalista, il merito di aver liberato il jazz dalle trappole della dizione.

L’incredibile successo di Louis Armstrong  al Teatro Chiarella del 1935  è dovuto in buona parte all’articolo del 12 gennaio proprio ad Angelo Nizza Nizza, esca a cui abboccarono migliaia di torinesi. Bisogna tenere conto della popolarità e della credibilità all’epoca del giornalista Angelo Nizza che, assieme a Riccardo Morbelli il 18 ottobre 1934 aveva dato vita dagli studi torinesi dell’EIAR, l’antenata della RAI, a “I Quattro Moschettieri”, il programma di maggior successo della storia della radio, tanto che gli abbonati passarono in pochi mesi da poche migliaia a diversi milioni. In pratica, Nizza ebbe in radio con “I Quattro Moschettieri”  lo stesso successo popolare che ebbe negli anni Cinquanta Mike Bongiorno con la fortunatissima “Lascia o raddoppia”.

Il compositore Alfredo Antonini

Da idea a idea. Angelo Nizza, insieme a Pier Busseti, creò nel 1951 il Festival della Canzone Italiana di Sanremo per alleggerire il successo turistico che stava prendendo MonteCarlo. Non solo. Angelo Nizza  portò con sé a dirigere l’orchestra Cinico Angelini e il presentatore  era Nunzio Filogamo, protagonisti di spicco de “I Quattro Moschettieri”, personaggi ancora conosciuti a amati dal pubblico italiano.  Recentemente si sta vociferando che il Festival a Sanremo ha gli anni contati e si pensa a un trasferimento altrove. Nutre di un particolare vantaggio come nuova sede Torino. Sarebbe una soluzione logica,un ritorno a casa , un giusto riconoscimento al ruolo di Angelo Nizza. E quindi non solo Nizza, ma anche Angelini e Filogamo.  Il respiro e la creatività torinese. Angelini e Filogamo rimasero fra i protagonisti del Festival dall’inizio, 1951, al 1954. Nel 1955 cambio di rotta: al posto di Filogamo presentarono Armando Pizzo e Maria Teresa Ruta, con le bacchette di direttore d’orchestra Angelini venne sostituito da Ferrari e Semprini. Sempre a proposito di Sanremo.  Louis Amstrong partecipò come concorrente nel 1968, l’anno della vittoria di Sergio Endrigo e Roberto Carlos con “Canzone per te”: la canzone vincente inizia con “La festa appena cominciate è già finita”. Il mito Amstrong , classificatosi decimo con Lara Saint Paul, credendo di dover effettuare un concerto e non eseguire un solo pezzo musicale, fu trascinato fuori di forza dal palco. La festa appena cominciata era già finita. Angelo Nizza non assistette alla curiosa scena.. Era già passato a miglior vita nel 1961 ad appena 56 anni di età.

Alfredo Antonino, Angelo Nizza e Cinico Angelini, ciascuno per la loro competenze o meglio per le loro autentiche passioni, contribuirono in modo determinante per il successo dei concerti di Armstrong e spiegano quindi il motivo perché proprio ciò sia avvenuto proprio a Torino. E’ doveroso aggiungere un quarto nome, l’amico-rivale di Cinico Angelini, il genovese Pippo Barzizza, musicista di solidissime basi, eccelso direttore d’orchestra.

Il Maestro Cinico Angelini

I due, nel nome del jazz, si dividevano sale da ballo, incisioni, cantanti e avevano due visioni diverse come tendenze musicali sullo swing.  Mentre Angelini si ispirava alla musica “bianca”, più seguita dal pubblico della mezza età, Barzizza optava per quella “nera”, più rivoluzionaria e quindi amata dai giovani. Comunque sia, il dualismo fra i due leader era il companatico su cui si stava alimentando con voracità il jazz in un momento storico decisamente ostile a ciò che veniva prodotto dalle realtà “demogiudoplutomassoniche”. Come in quegli anni la rivalità fra Alfredo Binda e Learco Guerra faceva bene al ciclismo, così quella fra Cinico Angelini e Pippo Barzizza era una panacea per il jazz, specialmente quello torinese, comunque favorito dalla presenza dell’EIAR in via Verdi.

 Non si può concludere questo breve panorama socio-culturale-musicale in particolare intorno al doppio concerto di Louis Arstrong senza riportare la lettera autografa che il principe dei jazzisti inviò all’amico Alfredo Antonino navigando in pieno Oceano Atlantico. Una profonda testimonianza di gratitudine e di affetto che fa onore alla Torino del 1935.

                                                 Transatlantico Champlain, 26 gennaio 1935

“Caro Alfredo, amico mio, immagino che sarai molto sorpreso di ricevere questa lettera che ho scritto qui nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico. Già, ciò vuol dire che finalmente ho deciso di tornarmene a casa, nella vecchia Chicago, Illinois, Stati Uniti.
Canetti, il mio impresario, ed io abbiamo avuto un disaccordo (abbiamo litigato) e siccome le cose non si potevano aggiustare ho deciso che la cosa migliore da fare fosse tornarmene in America. Anche perché comunque ero rimasto in Europa già abbastanza. E ti dico che Torino, Italia, è stato l’ultimo posto in cui ho suonato la tromba in Europa e anche quello in cui ho avuto maggior successo. Amico mio, credimi, il solo pensiero mi riempie di felicità, e devo ringraziarti ancora per averlo reso possibile. Chissà, magari un giorno riuscirò io a fare qualcosa di bello per te, forse verrai in America, prima o poi. Eh? Lo spero. Se verrai, non avrai che chiamarmi. E salutami tutti i jazzofili torinesi. Soprattutto Angelo Nizza. La mia diletta moglie Alpha manda i suoi saluti a te e a tutti i fans: è al settimo cielo per il mio successo nella “buona vecchia Torino”. Addio. Tuo, con swing  Louis “Satchmo” Armstrong”.

Mario Parodi               

Mario Parodi

Mario Parodi, torinese, laureato in Semiologia, ha insegnato per trentacinque anni materie letterarie presso le scuole medie inferiori e superiori della sua città. Da decenni si dedica a svariate attività culturali. Ha firmato numerosi libri, alcuni dei quali dedicati al jazz, altri alla storia dello sport. È anche autore di romanzi e poesie.

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