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Un Beato tra i Savoia: Amedeo IX vissuto nel XV secolo

Il 30 marzo 1472 moriva a Vercelli il duca Amedeo IX di Savoia, proclamato ufficialmente “beato” dalla Chiesa Cattolica il 3 marzo 1677 quando papa Innocenzo XI ne confermò il culto, fissando la festa al 30 marzo, al termine di una lunga causa per la beatificazione avviata nel primo Seicento per iniziativa del duca Carlo Emanuele I.

Amedeo IX
Veduta della cappella del beato Amedeo IX di Savoia – ph Fabrizio Giampaolo Nucera.

Amedeo era nato nel 1435 a Thonon, capoluogo dell’antica provincia sabauda del Chablais (Chiablese), dove sorge il celebre castello di Ripaille, che fu residenza dei conti e dei duchi di Savoia e luogo di ritiro spirituale del duca Amedeo VIII.

Figlio del duca Ludovico di Savoia e di Anna di Lusignano, soprannominata a corte la “Cipriota” in quanto figlia di Janus re di Cipro, Gerusalemme e Armenia, il piccolo Amedeo ascese al potere nel 1465, alla morte del padre, in un momento critico della storia del Ducato, stretto tra le turbolenze di baroni savoiardi e nobili piemontesi e le ingerenze sempre più pressanti del re di Francia, ma anche scosso in più occasioni dalle accese rivalità che contrapponevano esponenti della stessa dinastia sabauda (come le intemperanze del ribelle Filippo di Bresse, fratello di Amedeo IX, conosciuto in seguito come Filippo Senza Terra).

Come segno della preponderante influenza della monarchia francese sul ducato sabaudo, Amedeo era stato destinato, già da bambino, a unirsi in matrimonio con una principessa francese, Iolanda di Valois, figlia di Carlo VII di Francia e sorella di Luigi XI, con la quale convolò a nozze nel 1452.

L’esperienza di governo di Amedeo IX, segnata fin dall’inizio da manifestazioni di pietà cristiana e da una grande attenzione verso i poveri, fu gravemente compromessa dal suo precario stato di salute, minato da ricorrenti crisi nervose e da veri e propri attacchi di epilessia che, con il tempo, si aggravarono a tal punto da indurre il duca ad affidarsi, nella conduzione degli affari dello Stato, alla consorte Iolanda di Valois.

amedeo IX
Nella foto una raffigurazione di Amedeo IX (non ancora beatificato, quindi senza aureola, ma con una corona di raggi luminosi sul capo) tra Santa Lucia (a sinistra) e la Madonna con Bambino assisa in trono, presente nel vano absidale della chiesa di San Giulio in località Forno di Lemie (valle di Viù), realizzata nel tardo Quattrocento da un artista ignoto di scuola jaqueriana – ph Paolo Barosso.

La duchessa rivelò, fin da subito, doti di saggezza e acume politico, tanto che già nel 1466 ottenne la prima reggenza del ducato di Savoia, secondo il volere del marito (malato, ma vivente) e con il consenso dell’assemblea degli Stati Sabaudi radunatasi nel giugno/luglio dello stesso anno a Losanna (A. Tallone, Parlamento Sabaudo, IX/II: Patria Oltramontana, t. 2, Bologna, 1937). La seconda reggenza, durante la minorità del figlio ed erede al titolo ducale, venne riconosciuta a Iolanda alla morte del marito, nel 1472, sulla base delle disposizioni testamentarie di Amedeo IX.  

Nel turbolento contesto geopolitico in cui era inserito il ducato, Iolanda di Valois cercò di mantenere una posizione di equilibrio nei duri contrasti tra il re di Francia, suo fratello Luigi XI, e il duca di Borgogna, che dal 1467 fino alla morte fu Carlo il Temerario, l’ultimo della casa ducale borgognona.  

Nel 1471 la duchessa Iolanda portò con sé il marito, ormai dedito esclusivamente alle pratiche di pietà cristiana, nel suo trasferimento in Piemonte, dove il 30 marzo del 1472, nella fedelissima città di Vercelli, il duca Amedeo IX spirò, probabilmente per un violento attacco epilettico, che risultò per lui fatale.

La salma del duca trovò sepoltura nella Cattedrale di Sant’Eusebio, dove ben presto la sua tomba divenne meta di devozione popolare. Malgrado la fama di santità riconosciuta ad Amedeo IX, molto radicata in particolare tra Vercellese e Biellese, ma con numerose attestazioni anche in altri territori sabaudicome Eporediese, Torinese, Pinerolese, Monregalese, il processo di beatificazione ebbe tempi molto lunghi, venendo istruito solo nel primo Seicento (dopo un tentativo infruttuoso compiuto nel 1518 dall’arcivescovo di Torino Claudio di Seyssel).

Fu il duca Carlo Emanuele I di Savoia, anche per motivi di prestigio dinastico, ad attivarsi per l’apertura del processo, che poté contare sull’appoggio di San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra, e del cardinale Federigo Borromeo, nonché sulla presenza alla corte pontificia del cardinale Maurizio di Savoia. I Savoia, a differenza della monarchia francese con San Luigi IX e di altre casate come i rivali Gonzaga, che avevano ottenuto la beatificazione già nel 1605 del futuro santo Luigi Gonzaga, non potevano vantare, a quell’epoca, santi e beati dinastici, e anche da questa considerazione deriva l’attivismo di Carlo Emanuele per promuovere la causa di beatificazione dell’antenato Amedeo IX, come ben evidenziato da Paolo Cozzo nel libro ”La geografia celeste dei duchi di Savoia” (Il Mulino, 2006).  

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L’urna funeraria in argento con le spoglie del beato Amedeo IX – ph Fabrizio Giampaolo Nucera.

Come già accennato, la conclusione dell’iter per la beatificazione arrivò soltanto nel 1677, sulla scorta di una imponente documentazione raccolta negli anni per suffragare la “l’antichità, la diffusione e la fenomenologia” del culto di Amedeo IX nelle terre del ducato di Savoia.

Dato che non ebbe seguito il proposito di Carlo Emanuele I di traslare i resti di Amedeo IX da Vercelli al santuario di Vicoforte, che fu per breve tempo sacrario dinastico, oppure a Torino (all’Eremo dei Camaldolesi di Pecetto o all’interno della cappella della Sindone), le spoglie mortali del beato sabaudo rimasero nel duomo di Sant’Eusebio, a Vercelli, dove il culto per il duca era particolarmente radicato. Nel corso del Seicento si mise mano all’allestimento secondo il gusto barocco della cappella a lui dedicata, con progetto affidato a Guarino Guarini, ma completato sotto la direzione di Michelangelo Garove, con ulteriori rimaneggiamenti settecenteschi eseguiti da Benedetto Alfieri e Luigi Barberis, che snaturarono un po’ l’idea di raccoglimento espressa dal Garove in favore di una maggiore sfarzosità dell’insieme.

Nella Cattedrale di Sant’Eusebio (all’interno della stessa cappella), che fu primo vescovo di Vercelli ed è patrono della città e di tutto il Piemonte, riposano altri membri della dinastia sabauda, in particolare la vedova duchessa Jolanda di Valois e i duchi Carlo I e Carlo II. Inoltre la promozione di Amedeo IX come modello di santità, motore di prestigio dinastico, fu alla base della decisione del duca Vittorio Amedeo I, morto nel 1637 a Vercelli, di essere sepolto non a Vicoforte, come il padre Carlo Emanuele I, bensì proprio nella Cattedrale vercellese, accanto all’antenato.    

Lungo il cornicione della cappella è riportata una scritta che, secondo la tradizione, reca le ultime parole pronunciate, sul letto di morte e rivolto ai figli, dal duca Amedeo IX. Parole che ben riassumono il senso della sua esistenza e che contribuirono a farlo celebrare come modello del buon principe, devoto e attento alle esigenze del popolo: “Facite iudicium et iustitiam, et diligite pauperes et Dominus dabit pacem in finibus vestris” (Attuate il diritto e la giustizia, amate i poveri e il Signore darà pace ai vostri paesi)”.

Paolo Barosso

Giornalista pubblicista, laureato in giurisprudenza, si occupa da anni di uffici stampa legati al settore culturale e all’ambito dell’enogastronomia. Collabora e ha collaborato, scrivendo di curiosità storiche e culturali legate al Piemonte, con testate e siti internet tra cui piemontenews.it, torinocuriosa.it e Il Torinese, oltre che con il mensile cartaceo “Panorami”. Sul blog kiteinnepal cura una rubrica dedicata al Piemonte che viene tradotta in lingua piemontese ed è tra i promotori del progetto piemonteis.org.

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